Oltre le fragilità: condivisione e sviluppo di pratiche territoriali
Il settore educativo e della formazione rappresenta uno dei settori di intervento di rilievo della Fondazione CRC, che ogni anno promuove e accompagna gli attori locali coinvolti nella formazione del capitale umano e sociale del territorio. Con il Q45 Oltre le fragilità della Collana dei Quaderni coordinata dall’Ufficio Studi e Ricerche, la Fondazione ha voluto esplorare da vicino la situazione attuale dei Bisogni Educativi Speciali degli studenti della provincia di Cuneo, all’interno di un quadro nazionale di riferimento, così come le azioni di contrasto alla povertà educativa messe in campo dal corpo docente, dal terzo settore e dagli operatori sociali e sanitari.
L’indagine, oltre a restituire diverse piste di lavoro utili per le scuole e la comunità intera, ha posto l’accento sull’approccio sistemico che il territorio può abbracciare dando valore a tutti i contesti nei quali le studentesse e gli studenti sono inseriti: la classe, la scuola, la comunità.
Partendo da queste indicazioni, la Fondazione tramite il suo Ufficio Studi e Ricerche ha progettato il laboratorio di innovazione Oltre le fragilità in collaborazione con Mind 4 Children e con il prof. Marco Braghero, docente ed esperto di pratiche dialogiche all’interno di sistemi complessi.
Il percorso, conclusosi nel mese di giugno 2024, ha prodotto una serie di linee guida per l’adozione di Patti Educativi di Comunità, con l’auspicio che possano servire alla stesura di nuove alleanze territoriali e al rafforzamento di quelle esistenti.
Cosa abbiamo imparato durante il laboratorio di OLTRE LE FRAGILITÀ?
Valigia degli attrezzi
Gli esiti della ricerca: la cura degli studenti con BES nel cuneese
La carenza di dati epidemiologici complessivi e di dettaglio sui Bisogni Educativi Speciali (BES) manifestati dagli studenti in contesto italiano, dovuta anche all’estrema variabilità della casistica che vi afferisce, rende difficoltosi i tentativi di analisi e gli interventi di sistema volti a prevenire e moderare le fragilità scolastiche. Lo studio – condotto per Fondazione CRC da Mind4Children, spin-off dell’Università di Padova – ha valutato la prevalenza dei BES su un campione di 8.583 tra alunni di scuola dell’infanzia (275 sezioni) e studenti delle classi quarte di scuola primaria (171 sezioni) della provincia di Cuneo. Attraverso l’impiego congiunto di strumenti quantitativi (questionari) e qualitativi (interviste e focus group), per ciascun alunno e studente con BES del campione sono stati approfonditi: tipologia della vulnerabilità, livello di gravità della vulnerabilità, profilo di funzionamento in prospettiva biopsicosociale, benessere percepito e, laddove redatti, contenuto di PEI e PDP. I risultati indicano che il 7% degli alunni di scuola dell’infanzia e il 13% degli studenti di quarta primaria manifestano almeno una tipologia di BES, e che la metà di essi affronta la presenza contemporanea di più di una fragilità. Il dato riferito alla scuola primaria è in linea con le statistiche ufficiali riportate dall’Istat relative al territorio nazionale (11,5%); il dato riferito alla scuola dell’infanzia, invece, risulta essere decisamente maggiore rispetto a quello nazionale (3,8%).
Lo studio ha rilevato ed evidenziato, inoltre, strategie e buone prassi già messe in atto o considerate necessarie dal territorio cuneese per andare oltre le fragilità: la più importante è, unanimemente, l’azione comunitaria. La comunità – intesa come l’insieme delle figure significative che partecipano agli ambienti di vita dello studente e degli organismi istituzionali, del terzo settore e degli affetti famigliari – ha la responsabilità di costruire un contesto ricco di fattori protettivi, che concorrano alla promozione del benessere biopsicosociale di tutti gli studenti. A ciò va unita la partecipazione attiva degli stessi studenti alla costruzione del loro personalissimo percorso di apprendimento: ciò gli permette di manifestare i loro bisogni e la percezione che hanno di sé, dei propri punti di forza e degli elementi di debolezza nel loro funzionamento.
Il laboratorio Oltre le fragilità parte da qui.
Un laboratorio di innovazione: obiettivi, temi e strumenti della facilitazione
Il laboratorio di innovazione Oltre le fragilità nasce con l’obiettivo di attivare la comunità educante del territorio cuneese, dando vita a processi che – mediante il coinvolgimento e la partecipazione degli attori locali interessati al tema dei Bisogni Educativi Speciali – portino al germoglio di buone pratiche e alleanze educative.
Al percorso hanno preso parte: insegnanti, dirigenti scolastici, genitori di studenti con BES, rappresentanti di associazioni di genitori, appartenenti a Enti del Terzo Settore e a realtà associazionistiche locali, di natura sociale, culturale, educativa e sportiva, rappresentanti delle istituzioni e degli enti Locali e professionisti del benessere operanti in ambito pubblico e privato.
La facilitazione del lavoro di confronto tra i partecipanti si è appoggiata alle Pratiche Dialogiche, modalità di condivisione e co-creazione della vita comunitaria esperite e teorizzate nei paesi del nord Europa.
La prima parte di incontri di attivazione ha permesso di affrontare i risultati e le questioni emerse dalla ricerca, tra cui: come una buona comunicazione e la quotidiana collaborazione tra scuola e famiglia permettano di instaurare alleanze educative generative; come sostanziare l’inclusione degli studenti con fragilità mediante il superamento di ogni categorizzazione, operando una didattica che si adatti – senza distinzioni – all’unicità di ciascuno studente; la consapevolezza che la strumentazione digitale debba essere considerata un mezzo, non il fine; l’importanza della prevenzione, come primo e più importante atto di cura di cui la comunità educante deve farsi carico.
Esito ultimo del percorso è stata la stesura di Linee Guida per Patti Educativi di Comunità.
Le Linee Guida: genesi e stesura partecipata
Le Linee Guida per Patti Educativi di Comunità, costruite mediante un processo partecipato, sono uno strumento che i partecipanti al Laboratorio mettono a disposizione del territorio cuneese, perché possa garantire una visione unitaria sul tema dei Bisogni Educativi Speciali e, insieme, promuovere la ricerca di soluzioni operative adattate ai contesti locali.
Il processo ha visto i partecipanti riflettere, dialogare e co-costruire, focalizzandosi in particolare su:
- la propria identità di individui e di componenti di un gruppo, tramite lo strumento della matrice di identità;
- i valori che derivano dalla propria esperienza personale, professionale e comunitaria, tramite lo strumento delle scelte pesate;
- i desideri e le preoccupazioni che emergono immaginando il futuro della comunità educante, tramite lo strumento dei dialoghi riflessivi.
A partire dagli esiti del dialogo, la stesura delle Linee Guida è stata condotta tramite lo strumento del world café, che ha permesso di giungere al testo disponibile qui.
Strumenti delle pratiche dialogiche
I dialoghi riflessivi sono uno strumento utilizzato in ambito terapeutico, educativo e organizzativo per facilitare la comunicazione profonda e significativa tra i partecipanti. Essi consentono al gruppo di esplorare idee, concetti ed esperienze in forma condivisa. Si basano sull’ascolto attivo, empatico e privo di giudizio, e sulla partecipazione delle riflessioni che da esso scaturiscono.
Attuazione: il facilitatore forma gruppi da quattro o sei componenti; ciascun gruppo si dispone in cerchio; alternativamente, un componente del gruppo fa un passo avanti e il componente successivo fa un passo indietro, generando due cerchi concentrici (uno più interno e uno più esterno); il facilitatore assegna l’idea, il concetto o l’esperienza che sarà oggetto del dialogo; al via del facilitatore, i componenti del cerchio interno condividono liberamente ciò che pensano e sentono in merito all’oggetto del dialogo; contemporaneamente, i componenti del cerchio esterno ascoltano ciò che viene condiviso, adoperandosi attivamente per farlo risuonare dentro di sé, sospendere il giudizio sull’altro e non intervenire in alcun modo; allo scadere dei primi sette minuti, i componenti del cerchio interno passano all’esterno, e viceversa; i componenti che avevano praticato l’ascolto attivo condividono liberamente ciò che pensano e sentono in merito all’oggetto del dialogo e le riflessioni scaturite dal precedente turno di ascolto; contemporaneamente, i componenti che avevano condiviso ascoltano; allo scadere dei cinque minuti, i componenti dei due cerchi invertono nuovamente posizione e ruoli; il facilitatore valuta quanti turni concedere, e ferma il dialogo.
Le scelte pesate sono uno strumento decisionale il cui processo è condiviso, collettivo e profondamente democratico. Esse assicurano che le voci di tutti i partecipanti siano equamente considerate. Attraverso tale strumento è possibile valutare attentamente le scelte a disposizione, identificare gli elementi prioritari tra molti e generare consenso attorno a una scelta condivisa.
Attuazione: il facilitatore prepara una lavagna, consegna qualche foglietto adesivo e una penna a ciascun partecipante e illustra il tema che sarà oggetto della valutazione; ciascun partecipante individua tre scelte in risposta all’oggetto, le scrive su uno dei foglietti adesivi e appiccica quel foglietto sulla lavagna, assieme ai foglietti degli altri partecipanti; i partecipanti visionano la lavagna che, poi, viene liberata dal facilitatore; ciascun partecipante riduce a due le sue scelte (sono ammissibili sia scelte già individuate in precedenza, sia scelte viste sulla grande lavagna, sia nuove scelte), le scrive su uno dei foglietti adesivi che gli erano stati consegnati inizialmente e lo appiccica sulla lavagna; i partecipanti visionano nuovamente la lavagna; il facilitatore chiede ai partecipanti di ripetere il procedimento, riducendo la sua indicazione a una sola scelta, sino ad ottenere un risultato soddisfacente; al termine, sulla grande lavagna saranno rimaste le scelte del gruppo in riferimento all’oggetto della valutazione; tali scelte potranno dirsi condivise, collettive e democratiche.
Il world café è uno strumento di condivisione e co-costruzione del pensiero che permette di far emergere l’intelligenza collettiva di un gruppo, anche molto numeroso. Esso, infatti, coniuga l’efficacia di una discussione ristretta con la completezza di una discussione allargata.
Attuazione: i facilitatori organizzano uno spazio sufficiente ad accogliere tutti i partecipanti, preparando una serie di tavoli, anche su più stanze; ciascun tavolo sarà fornito di sedie, un cartellone per appuntare quanto emerso e la presentazione di un tema specifico, che contribuisca ad affrontare l’argomento generale scelto; i facilitatori accolgono i partecipanti, espongono l’argomento generale scelto e formano gruppetti da 3-8 partecipanti; ciascun gruppetto si dispone attorno a un tavolo, discute del tema specifico proposto e scrive sul cartellone quanto emerso; allo scadere del tempo, i gruppetti cambiano tavolo e discutono del tema specifico che vi trovano, tenendo in considerazione quanto appuntato dal gruppetto precedente; la rotazione si ripete fino a quando tutti i gruppetti avranno visitato tutti i tavoli; i cartelloni riassumeranno il pensiero complessivo, condiviso e co-costruito dei partecipanti.
Il time out è uno strumento utilizzato per interrompere temporaneamente una discussione o un processo di lavoro allo scopo di riflettere, ricalibrare e migliorare la qualità del dialogo. Questo strumento può essere impiegato in contesti terapeutici, educativi, aziendali o comunitari per affrontare tensioni, chiarire malintesi o semplicemente prendere una pausa per garantire che il dialogo rimanga produttivo e rispettoso.
La matrice di identità è uno strumento delle pratiche dialogiche utilizzato per esplorare e comprendere le diverse dimensioni dell‘identità personale e collettiva. Essa facilita l’acquisizione di consapevolezza su di sé e sugli altri, promuovendo l’empatia, il rispetto e la comprensione reciproca.
La matrice di identità pone le seguenti domande:
- Cos’è che vorresti essere ma sai che non sarai mai?
- Cos’è che non vuoi essere e sai che non sarai mai?
- Cos’è che vuoi essere e sai che puoi diventare?
- Cos’è che non vuoi essere ma sai che potresti diventare?
- Cos’è che vuoi essere e sai che sarai sempre?
- Cos’è che non vuoi essere ma sai che sarai sempre?
Forse non sai che…
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Non apprendiamo tutti allo stesso modo. Esistono vari test che permettono di individuare alcune caratteristiche del proprio stile di apprendimento. Tale stile condizionerà, nei docenti, le modalità del loro insegnamento. Scopri il Test di Kolb>
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Le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno superato la categoria dei BES in ambito educativo, formalizzando il diritto di ciascuno studente a poter fruire di una didattica personalizzata sulla propria unicità.
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La radice dell’unicità di ciascun individuo risiede nel connettoma. Esso è la fittissima rete di connessioni neurali prodotta dall’esperienza, in continuo divenire epigenetico. Come dimostrano gli studi, il connettoma è la mappa della nostra unicità.
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L’errore è alleato nei processi di sviluppo e apprendimento. Lo è a livello neurale: l’analisi dei correlati bioelettrici nel cervello mostra un potenziale estremamente maggiore al verificarsi di un errore. È proprio in quel momento, dunque, che impariamo. Guarda l’intervento al TEDx della professoressa Lucangeli.
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Un’organizzazione europea indipendente raccoglie, analizza e confronta i dati dei sistemi d’istruzione dei Paesi europei (sia facenti parte dell’Unione Europea, sia geograficamente europei) relativi all’inclusione scolastica: l’European Agency for Special Needs and Inclusive Education.
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Alcune scuole stanno aprendosi al loro contesto territoriale, iniziando percorsi di coinvolgimento di persone ed enti e promuovendo il dialogo. Il Patto Educativo di Comunità “Insieme per il futuro” è un esempio, frutto di tale apertura.
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Il ruolo di insegnanti e dirigenti scolastici è cambiato, e continua ad evolvere con il naturale fluire della vita comunitaria. L’adozione di uno stile di leadership trasformazionale può aiutarli a ispirare e motivare tutta la popolazione scolastica a raggiungere obiettivi comuni, basandosi su valori condivisi, empowerment e sviluppo personale e collettivo.
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Gli early leavers sono giovani tra i 18 e i 24 anni, non più in formazione, che hanno conseguito al più un titolo di scuola secondaria di primo grado. È un dei dati che meglio descrivono la dispersione scolastica: l’Unione Europea, tramite l’Eurostat, ne tiene traccia.
Vocabolario
Il benessere biopsicosociale è lo stato di salute corporea, individuale e di relazione di un individuo dato da una valutazione del suo funzionamento, ovvero dell’insieme organico delle sue funzioni, delle forme di reciproca influenza esistenti con il suo ambiente e degli esiti ultimi della loro interazione. La visione biopsicosociale della salute viene adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health, abbreviato ICF).
Con Bisogni Educativi Speciali si indica l’insieme delle vulnerabilità, continuative o limitate nel tempo, che gli studenti possono manifestare nel proprio percorso scolastico – già a partire dalla scuola dell’infanzia – e che richiedono, quindi, particolare cura e attenzione. Queste vulnerabilità producono effetti sull’apprendimento degli studenti e possono avere origini di ordine fisico, biologico, fisiologico, psicologico o sociale, rispetto alle quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.
Il coaching è un processo interattivo che aiuta individui e organizzazioni a massimizzare il proprio potenziale, definendo obiettivi, esplorando nuove opportunità e sviluppando strategie efficaci.
Le competenze trasversali sono abilità utili alla vita, come il pensiero critico, la comunicazione, la collaborazione, la creatività e la capacità di adattarsi al cambiamento, che vanno oltre le conoscenze tecniche specifiche di una disciplina e che la scuola ha il compito di promuovere.
Il dialogo è l’arte di valicare i confini. Le parti coinvolte in un dialogo si adoperano attivamente per: ascoltare l’altra con profondità, empatia e assenza di giudizio; generare un linguaggio condiviso, nuovo e peculiare alla loro interazione; connettere le rispettive risorse in uno sforzo complessivo.
L’epigenetica è la branca della biologia che studia le interazioni tra il patrimonio genetico ereditato da un organismo e le esperienze che esso vive nel suo contesto ambientale. L’ambiente, infatti, contribuisce a modulare l’espressione genica dell’organismo: definisce, ad esempio, la funzione assunta da ogni sua cellula. La prospettiva epigenetica è utile per comprendere l’influenza che i fattori contestuali esercitano sugli studenti. In uno studente predisposto biologicamente ad una vulnerabilità, le circostanze che egli incontrerà nella sua esperienza scolastica e nel suo percorso di vita saranno decisive per determinare le conseguenze, sia contingenti sia prospettiche, di tale vulnerabilità.
La mindfullness relazionale è una forma di meditazione che si concentra sull’interdipendenza tra le persone, promuovendo l’ascolto profondo, la verità, l’apertura e la fiducia nell’emergere di nuove possibilità.
La neuroplasticità è quel meccanismo per cui il sistema nervoso centrale, di cui fa parte il cervello, risponde agli stimoli ambientali adattandosi all’informazione proveniente dall’esterno, modificandosi nella struttura e nelle funzioni. In particolare, le connessioni tra neuroni (le cellule cerebrali) subiscono mutamenti continui, ovvero: generazione di nuove sinapsi; rinforzo di sinapsi e connessioni già esistenti; deperimento e potatura delle sinapsi meno utilizzate. La comunità scientifica è concorde nell’associare ai primi mille giorni di vita (dal concepimento e fino al compimento dei due anni di età) e ai secondi mille giorni (in adolescenza) il massimo potenziale della neuroplasticità.
Le pratiche dialogiche sono un approccio relazionale che riconosce e rispetta l’alterità dell’altro, basato sull’ascolto attivo, la sospensione del giudizio e la ricerca di soluzioni condivise.
La warm cognition, cognizione calda, definisce la correlazione sostanziale che sussiste tra benessere e apprendimento. La corrente neuroelettrica che traccia le memorie, infatti, è sia cognitiva che emozionale: il cervello umano, quando apprende, mette in memoria sia ciò che studia (i contenuti, le nozioni), sia l’emozione provata durante tale processo. Il benessere sperimentato dallo studente durante l’apprendimento, dunque, influenza attivamente l’elaborazione cognitiva delle informazioni che egli sta immagazzinando.