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La generazione delle idee

A CIELO APERTO

4 opere d’arte contemporanea per i 30 anni della Fondazione CRC

“A Cielo Aperto” è un’iniziativa dedicata agli amanti dell’arte contemporanea promossa dalla Fondazione CRC nel 2022 per celebrare i suoi 30 anni di attività all’interno del programma “La generazione delle idee”. Con “A Cielo Aperto”, realizzato in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, la Fondazione CRC ha donato al territorio 4 opere d’arte di 4 artisti di fama internazionale collocate in luoghi simbolo della provincia di Cuneo.


Scopri i luoghi dell’arte contemporanea

Susan Philipsz

(Glasgow, 1965)

A Song A part

Museo Civico della Stampa, Mondovì

A Song A Part è un’installazione sonora a due canali realizzata per l’ingresso del Museo Civico della Stampa di Mondovì, polo culturale che intende valorizzare il patrimonio storico monregalese legato al tema del libro. L’opera, che si basa su due canti di Maddalena Casulana (1544-1590), tocca i temi della separazione e del desiderio di ricongiungimento. Maddalena Casulana è la prima compositrice donna ad aver fatto stampare e pubblicare un intero libro dei suoi componimenti nella storia della musica occidentale.

Il primo libro de madrigali a quattro voci di Casulana apparve nel 1568. Nel XV e XVI secolo la musica polifonica era scritta a mano o stampata in quaderni, con ciascuna parte che appariva separatamente. Una parte, l’Alto o la parte superiore, de l libro dei madrigali a quattro voci di Casulana era scomparsa da anni lasciando la composizione frammentata e incompleta, ed è stato recentemente scoperto nella Biblioteca Civica di Cuneo non lontano da Mondovì.

L’artista Susan Philipsz ha scelto di cantare due canzoni diverse tratte da questo libro, registrate in modo che le parole diventassero toni astratti. Incise separatamente e riprodotte da due altoparlanti distinti posti all’ingresso del Museo, le canzoni suonano simultaneamente in modo che si fondano e si sovrappongano creando dissonanza e armonia.

L’opera si riferisce inoltre alla nascita della stampa tipografica, rivoluzione tecnologica risalente al 1455, e in particolare alla figura di Antonio Mathias, stampatore fiammingo, originario di Anversa, che si trasferì da Genova a Mondovì dove fondò nel 1472, in collaborazione con Baldassarre Cordero, una delle prime tipografie d’Italia.

“Ho scelto di registrare due composizioni di Maddalena Casulana per il Museo Civico della Stampa poiché – racconta l’artista – è stata la prima compositrice donna a far stampare e pubblicare parti della sua musica. Un unico libro, separato dalle altre parti, e conservato in una biblioteca locale, riportava alla mente temi di separazione e desiderio che pensavo sarebbero stati risonanti in questa ex scuola per orfane.”


Olafur Eliasson

(Copenhagen, 1967)

The presence of absence pavilion

Castello di Grinzane Cavour

The presence of absence pavilion di Olafur Eliasson è una scultura formata da un parallelepipedo in bronzo scavato all’interno a rappresentare il vuoto prodotto dallo scioglimento di un ghiacciaio, in riferimento alla crisi ecologica e al riscaldamento del pianeta. L’opera è stata realizzata dalla fusione di un blocco di ghiaccio proveniente dal fiordo di Nuup Kangerlua, al largo della costa della Groenlandia, area dove la calotta glaciale formatasi nel corso di milioni di anni oggi perde decine di migliaia di blocchi simili ogni minuto. In The presence of absence pavilion il ghiaccio ormai sciolto è presente solo come assenza o come ricordo. La collocazione dell’opera sul prato a lato del Castello di Grinzane Cavour, non lontano dalla vigna appartenente alla Fondazione CRC, stabilisce inoltre una relazione con l’azione di erosione dell’acqua sulle colline e la memoria degli antichi ghiacciai che un tempo occupavano la regione.

L’interesse di Olafur Eliasson per il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai è al centro della sua ricerca artistica già dal 2006, con la mostra Your waste of time tenutasi presso la Galleria Neugerriemschneider di Berlino, in cui blocchi di ghiaccio islandesi sono stati esposti nello spazio espositivo raffreddato. Tra il 2014 e il 2019, l’artista ha realizzato l’opera di arte pubblica Ice Watch, in cui dodici immensi blocchi di ghiaccio raccolti da un fiordo fuori Nuuk, in Groenlandia, sono stati posizionati a formare un orologio in spazi pubblici a Copenaghen, Parigi e Londra, e sono rimasti per diversi giorni a sciogliersi lentamente. Le opere di Olafur Eliasson ripropongono la potenza degli elementi naturali e producono fenomeni percettivi ed estetici di grande impatto.


Michelangelo Pistoletto

(Biella, 1933)

Il Terzo Paradiso dei Talenti

Rondò dei Talenti, Cuneo

Il Terzo Paradiso dei Talenti, 2022, di Michelangelo Pistoletto è un’opera appositamente sviluppata dall’artista per l’area esterna del Rondò dei Talenti di Cuneo, in relazione alla curvatura dell’edificio e alla struttura della piazza.

Il Terzo Paradiso dei Talenti nasce come scultura partecipativa che promuove l’idea di collaborazione, valorizzando il contributo di molteplici comunità del territorio. L’opera è stata realizzata a partire da oltre duecento disegni prodotti da bambini e studenti, i quali hanno interpretato il tema dei talenti, esprimendo le loro abilità e aspirazioni.

L’opera è parte del grande progetto che Pistoletto, pioniere dell’Arte Povera, definisce Terzo Paradiso. Inteso come un insieme di opere e azioni, talvolta temporanee e sempre condivise, il Terzo Paradiso ha la forma di tre cerchi consecutivi, simbologia che Pistoletto ha ideato dagli anni 2000 modificando il segno a otto dell’infinito con l’inserimento di un cerchio centrale. Secondo l’artista, se i due cerchi esterni rappresentano i poli opposti di natura e artificio, il cerchio al centro rappresenta il grembo generativo di una nuova umanità, ideale superamento dei conflitti distruttivi che caratterizzano il presente. Il termine paradiso deriva dall’antica lingua persiana e significa “giardino protetto”. Come dice l’artista, “Noi siamo i giardinieri che devono proteggere questo pianeta e curare la società umana che lo abita”.


Otobong Nkanga

(Kano, Nigeria, 1974)

Of Grounds, Guts and Stones

Università di Scienze Gastronomiche, Pollenzo

Otobong Nkanga ha ideato Of Grounds, Guts and Stones, opera scultorea formata da una serie di cinque sedute in marmo, tubi in metallo e fioriere che ospitano piante aromatiche locali e stagionali che si adattano al clima del territorio cuneese, caratterizzato da inverni potenzialmente molto freddi ed estati molto calde. Le piante includono specie quali Viburnum tinus, Juniperus communis, Lavanda nana hidcote, Helleborus niger – Helleborus x hybridus ‘Pink’, Punica granatum ‘Nana’, Cornus alba elegantissima (rosso) – Cornus stolonifera flaviramea (giallo), Erica darleyensis, Helichrysum, Cineraria maritima, Hypericum (eretto) e Iberis sempervirens.

La ricerca artistica di Nkanga affronta temi urgenti legati alla crisi ecologica, allo sfruttamento delle risorse e alla sostenibilità, dando valore al cibo nel rispetto di chi produce, in armonia con l’ambiente e gli ecosistemi, preservando i saperi custoditi da territori e tradizioni locali. L’empatica relazione di Nkanga con la terra e l’ambiente produce in chi vive le sue opere un’inedita cosmogonia per il futuro. Per l’artista è meglio cercare quanto, come esseri umani, ci unisce gli uni agli altri e ci lega al pianeta che ci ospita, invece di soffermarsi su quanto separa o divide.

Anziché proporre un’opera d’arte pubblica tradizionale da vivere in maniera passiva e soltanto attraverso lo sguardo, l’artista ha voluto creare un luogo in cui la comunità locale e gli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche possano ritrovarsi e dove piante autoctone e minerali siano accordati in relazioni poetiche che coinvolgono anche l’olfatto e il tatto. Situato nel prato dell’Agenzia di Pollenzo, il progetto di Nkanga valorizza la ricca storia del sito sabaudo ottocentesco, fattoria modello e luogo originariamente volto alla sperimentazione in campo vitivinicolo.

Offrendo un luogo dedicato all’incontro e al riposo, l’opera di Nkanga esalta il valore dell’orticultura come pratica di rigenerazione in cui la mescolanza tra piante autoctone diventa metafora di felice coabitazione tra i viventi – sia umani sia vegetali – all’insegna di un mondo più equo e sostenibile.